Charlie Kirk era un giovane influencer e attivista politico repubblicano assassinato durante uno dei suoi incontri nei campus universitari, precisamente presso la Utah Valley University. Questa tragedia rappresenta uno dei tantissimi esempi di polarizzazione politica che ormai da tempo negli USA ha raggiunto livelli preoccupanti. Non è solo un fatto di cronaca, ma è il riflesso di una società in cui non esiste il dialogo ma lo scontro brutale, in cui chi non la pensa come me è il mio nemico.
Kirk aveva idee radicali, che io spesso non condividevo. Era un trumpiano convinto, ma non era un estremista. Per il semplice fatto che gli estremisti non cercano il confronto, mentre lui con la sua organizzazione Turning Point USA era andato nei college americani per dare voce a chi non si sentiva rappresentato dal pensiero dominante.
Il metodo utilizzato da Kirk nei campus universitari non era quello del consueto comizio politico. Preferiva impostarla come dibattito e dialogo con chiunque volesse confrontarsi con punti di vista diversi. È ciò che dovrebbe fare la politica: andare in mezzo alla gente, mettersi in ascolto, dialogare pacificamente.
Il presidente Donald Trump ha annunciato che conferirà a Kirk la Medaglia Presidenziale della Libertà. Anche l’ex presidente Biden si è espresso, dicendo che “Non c’è posto nel nostro paese per questo tipo di violenza. Deve finire ora”.
Il dialogo sta alla base della democrazia. È per questo che oggi dovremmo essere tutti rattristati da questa notizia, qualsiasi sia il nostro credo politico e aldilà della stima per la persona e per le sue idee. Chi festeggia per la morte di Kirk, oltre a non avere cuore, dimostra di non avere nemmeno l’intelligenza di capire che quando muore una voce, muore la libertà.