Il momento delle elezioni statunitensi si sta avvicinando. Già dalle scorse settimane ci siamo cimentati nelle prime proiezioni in vista del 5 novembre. La valutazione di oggi mette al centro alcuni possibili agenti determinanti il voto, ossia aspetti sociali, economici e demografici che hanno un impatto sul voto negli USA.
Reddito. Nell’analisi degli elementi che influenzano il voto, la relazione reddito-voto è significativa. E c’è una tendenza – spesso riscontrabile – per cui i Democratici tendenzialmente vincono negli Stati in cui c’è più benessere, ma solitamente i più ricchi tendono a votare Repubblicano. Questo è avvenuto di frequente in passato e l’esempio più interessante è quello di George W. Bush nel 2000 e nel 2004: il Repubblicano ha vinto con netto vantaggio negli Stati del sud in cui il reddito medio dello Stato era più basso e ha subito perdite schiaccianti negli Stati più ricchi del Nord e della West Coast; tuttavia, in queste ultime regioni, ha conquistato il voto degli elettori più ricchi. Anche nelle elezioni presidenziali del 2020, le fasce di reddito medio-alto sono state più propense a votare per i Repubblicani e quelle di reddito basso per i Democratici. Gli americani peggio pagati – quelli sotto i 30.000 $ all’anno – hanno sostenuto con buon margine il candidato democratico. Se si sale lungo la scala dei redditi, i voti per Trump nel 2020 aumentano: i milionari hanno in gran parte sostenuto il candidato repubblicano.
Istruzione. Per quanto riguarda il grado di istruzione, è possibile notare negli ultimi anni una spaccatura sulla preferenza di voto sempre maggiore. Solitamente, la destra populista si distingue per avere la quota maggiore senza una laurea: circa otto persone su dieci della destra populista, corrispondenti al 79%, possono vantare solo qualche anno di università o meno. Tra i democratici è il 74% ad avere meno di una laurea. La tesi dimostrata e confermata anche con le elezioni del 2020 è che i più istruiti sono più propensi a votare il Partito Democratico, mentre coloro che hanno meno qualifiche ed un livello di istruzione più basso tendono a votare per i Repubblicani. Tuttavia, ciò non significa per forza che la classe operaia americana abbia sostenuto i repubblicani piuttosto che i democratici, perché in questa dinamica di voto intervengono altri fattori (come il reddito, l’etnia ed il luogo di residenza).
Età. Per quanto riguarda l’età degli elettori, i Democratici possono vantare un elettorato leggermente più giovane. Il gruppo più giovane appartiene alla corrente democratica denominata Outsider Left (giovani democratici liberali e scontenti): in tale gruppo, l’83% ha meno di 50 anni ed il 40% ha un’età compresa tra i 18 ed i 29 anni. Il gruppo repubblicano più giovane è quello denominato Ambivalent Right, formato da conservatori, seppur non estremisti, in cui il 63% ha meno di 50 anni, ma la destra può contare anche il gruppo più anziano, in cui solo il 32% del gruppo ha meno di 50 anni. Questa tendenza si è confermata nelle precedenti elezioni: la fascia di popolazione sotto i 29 anni ha fortemente sostenuto Biden, così come coloro che appartenevano alla fascia di età compresa tra i 30 e i 44 anni. Quelli nella fascia 45 e 64 anni, invece, hanno scelto Trump; la stessa scelta è stata fatta da quelli che hanno più di 65 anni.
Religione. Non è da sottovalutare nemmeno il fattore delle differenze religiose ai fini della determinazione del voto. Generalizzando, è possibile affermare che gli Stati solitamente e tendenzialmente repubblicani sono quelli nei quali vi è una partecipazione più attiva alla vita religiosa di qualsiasi tipo, mentre gli Stati considerati in mano ai Democratici compongono la parte laica dell’America. Nel corso degli anni, la relazione tra politica e religione e l’importanza del credo nelle elezioni si è attenuata rispetto al passato: la quota di americani che si identificano come cristiani è diminuita, mentre è cresciuta la quota di chi si definisce ateo o agnostico. Il calo dell’identificazione religiosa è evidente soprattutto all’interno dello schieramento democratico: dal 2008 al 2019 vi è una diminuzione di 21 punti percentuali – da 73% a 52% – del numero di cristiani tra gli elettori democratici.
Possiamo, quindi, iniziare a stilare il primo identikit dell’elettore democratico e di quello repubblicano sulla base di questi primi fattori. Ma sono convinta che nel prossimo appuntamento elettorale, a fare la differenza ed a polarizzare maggiormente il voto saranno il genere, l’etnia e il luogo di provenienza. Nei prossimi giorni, cercheremo di completare gli approfondimenti sugli agenti determinanti il voto e di capire come si esprimeranno gli americani.
Non vi chiedo di credere, ma solo di verificare il 5 novembre.
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