In questi ultimi giorni di campagna presidenziale, stanno girando diversi spot a sostegno di uno o dell’altro candidato che veicolano messaggi di odio e forte contrapposizione, che non fanno altro che rafforzare la polarizzazione del sistema politico americano e dividere ulteriormente l’elettorato.
Questa distanza è anche geografica. I Democratici ed i Repubblicani, infatti, sono sempre più distanti anche dal punto di vista territoriale e residenziale: i primi sono prevalenti nelle aree a più alta intensità abitativa, i secondi in quelle che si definiscono rurali. Un caso interessante è rappresentato dal Texas, da sempre Stato a maggioranza repubblicana con un territorio prevalentemente composto da zone rurali: negli ultimi anni, le città metropolitane di Houston, Dallas, San Antonio e Austin sono state spesso dominate dai Democratici, ma lo Stato del Texas rimane rosso perché solitamente i Repubblicani ottengono il sostegno nelle contee suburbane e rurali, che rappresentano la maggioranza del territorio. Questo in parte perché sempre più americani decidono di richiudersi in enclaves omogenee per evitare la convivenza a fianco di persone con orientamento politico e stili di vita opposti. E poi perché i Repubblicani sono più propensi a dire di preferire le comunità in cui le case sono più grandi e scuole, negozi e ristoranti a diverse miglia di distanza, piuttosto che in comunità più densamente popolate; al contrario, i gruppi di persone riconducibili all’elettorato Democratico dicono di essere meno propensi a vivere nelle aree rurali, preferendo le zone urbane in cui vi possono risiedere comunità più pedonali.
Altro aspetto che incide significativamente sulla propensione al voto è il genere. È facile comprendere i motivi per cui l’elettorato femminile è solitamente più propenso a votare il Partito Democratico, ma penso sia ancora più immediato comprendere il perché sarà confermata questa tendenza alle prossime elezioni presidenziali: in primo luogo, perché Trump è stato più volte accusato di non essere “corretto” nei confronti delle donne, con delle accuse pesanti di molestie a suo carico; in secondo luogo, perché per la seconda volta nella storia, i Democratici hanno schierato una candidata alla Presidenza e una sua vittoria avrebbe un significato politico e storico molto forte per l’universo femminile. Senza contare, poi, che la posizione del Partito Repubblicano su un tema delicato come l’aborto ha attirato le critiche di tantissime cittadine americane, anche quelle più famose, che anche in queste presidenziali si sono mosse contro il Tycoon (Taylor Swift, Barbra Streisand, Jennifer Lawrence, Billie Eilish e tante altre). Questo non significa affatto che tutte le donne voteranno per Kamala Harris e tutti gli uomini per Trump, perché i vari fattori che agiscono sulla decisione di voto si intrecciano e influenzano vicendevolmente. Significa, però, che l’elettorato femminile avrà un peso ancora più significativo rispetto al passato e questo i candidati lo hanno compreso bene: tanto che lo stesso Donald Trump, nel tentativo di recuperare qualche voto, nell’ultimo comizio in Wisconsin ha detto “proteggerò le donne, che a loro piaccia o meno”, cercando di apparire premuroso e attento alle esigenze di tutti/e. Peccato che il risultato ottenuto sia esattamente l’opposto, ossia quello di apparire agli occhi di tantissime elettrici americane come misogino ed irrispettoso del valore delle donne.
Altro elemento che avrà un impatto sulla propensione al voto sarà quello etnico, seppur con qualche differenza rispetto alle passate elezioni. Se in passato era facile sostenere che i bianchi votavano repubblicano, mentre asiatici, ispanici e neri votavano democratico, oggi il collegamento non è più così immediato. Già nelle elezioni del 2020, rispetto a quelle del 2016, Trump aveva ripreso terreno rispetto all’elettorato di origine ispanica, che rappresenta il 15% di chi vota, e questo sostegno pare essere in aumento, nonostante Trump abbia etichettato gli immigrati di Haiti come mangiatori di animali domestici (in Springfield they’re eating the dogs, they’re eating the cats. They’re eating the pets of the people that live there). Sicuramente il tema dell’immigrazione incontrollata di questo ultimo anno è sentito come una minaccia anche dagli ispanici stessi, timorosi che venga loro sottratto il lavoro, e gli enormi errori dell’amministrazione Biden hanno – di fatto – favorito Trump.
Staremo a vedere se la prossima settimana queste tendenze saranno o meno confermate. Ci tengo a precisare che i fattori analizzati (reddito, età, istruzione, religione, genere, etnia, luogo di residenza) non bastano da soli a descrivere ed a prevedere come voteranno i cittadini americani. Tuttavia, il fatto che gli elettori democratici e repubblicani possano essere spesso facilmente tipizzati e descritti alla luce dei diversi agenti di voto, è un indizio di come l’elettorato si stia dividendo in due schieramenti ben diversi, che tendono a non mescolarsi tra loro. Seppure estremo, riporto il seguente esempio: l’impiegato di colore che vive in quartiere affollato di Brooklyn è molto propenso a pensare politicamente e socialmente in maniera diversa rispetto all’imprenditore nel settore agricolo del Maine. Probabilmente, sostengono due schieramenti politici diversi e ritengono di appartenere a due gruppi sociali diversi, dal momento che divergono per ragioni di reddito, di etnia e di luogo di residenza.
Questo, oltre ad influire su cosa sceglieranno di fare gli americani il 5 novembre, ha una diretta e negativa conseguenza sociale, ancor più che politica: quella di dividere le persone e di fomentare un clima di ostilità e scontro che non gioverà agli Stati (poco) Uniti d’America, mai come ora nell’era contemporanea così tanto divisi al loro interno.
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